Le relazioni pericolose

Cos’è che si sviluppa nell’animo del maschio quando usa violenza contro la sua donna, e cos’è che impedisce a quella donna di sottrarsi a quella violenza? Questa doppia domanda contiene già in sé mezza risposta: la violenza grave e continuata accade solo all’interno di un incastro tra due fragilità, quella di lui e quella di lei. Si sviluppa, e diventa sempre più grave, solo quando entrambi non riescono a fare qualcosa di diverso: smetterla (lui) o proteggersi in qualche modo (lei). Sappiamo di uomini che pur essendo consapevoli della bruttezza e della pericolosità di ciò che fanno non riescono a non ripetere la violenza. Sono maschi fragili, che hanno bisogno di dominare per sentirsi uomini, o che hanno l’orrore di restare (di nuovo) soli. Persone che non hanno potuto sperimentare abbastanza nella loro vita il calore di una relazione di cui potevano fidarsi, e perciò condannati a controllare e sottomettere chi gli sta vicino, per paura di perdere quel legame.

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Uccidersi?

La crisi incalza, e tante persone non trovano o perdono il posto di lavoro. Sempre più spesso sentiamo di persone che si suicidano perché “schiacciate dalla crisi” o, come si dice oggi, “per ragioni economiche”. Meglio soffermarsi un attimo a riflettere, per non alimentare idee sbagliate, che non ci aiutano a capire e a essere.

Un primo problema riguarda l’informazione sui fatti tragici che riguardano l’intimità delle persone e delle famiglie, che tende a essere frettolosa e sommaria: arriva la notizia e in pochi minuti si deve avere una spiegazione da far circolare, senza aver prima saputo e capito abbastanza. Ma quando quell’informazione fasulla parte, viene subito scambiata da chi la riceve come una verità certa. Più tardi ci accorgeremo che non è così, e nel caso dei suicidi non è mai così, non esiste mai una verità immediatamente visibile e comprensibile. Se le difficoltà vere della vita (la povertà, i lutti, i fallimenti e le disgrazie) fossero in sé ragione valida e sufficiente per suicidarsi, dovrebbero farlo, ogni giorno, quattro abitanti della Terra su cinque.

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Governare, governarsi

La sensazione di noi cittadini è quella di essere su una nave con i motori bloccati, in mezzo al mare e con nuvole minacciose in testa, cioè senza governo e con problemi che si fanno sempre più drammatici addosso. La stessa sensazione fu di Dante («Ahi serva Italia, di dolore ostello, 
nave sanza nocchiere…»), circa settecento anni fa. La stessa desolazione fu attribuita a Giolitti, Mussolini, Berlusconi: «Governare gli italiani non è impossibile, è inutile». Potremmo trovare altri mille esempi storici di sconforto nella storia delle società, e ciò prova quanto sia purtroppo normale attraversarli e quanto sia normalmente difficile per gli umani darsi un buon governo.

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La pancia, la testa e il voto

É il 1° marzo, mentre scrivo, e vedo le sorprese del voto di febbraio: 1) il travolgente successo del Movimento 5 Stelle, che in un sol colpo diventa il primo partito; 2) la quasi vittoria di Berlusconi che, dato per spacciato da tutti (compresi i suoi), per un soffio non riconquista il comando; 3) la stravolgente e persistente incapacità del PD di comprendere rabbie e speranze degli italiani d’oggi. É chiaro a tutti che il punto 3 spiega, da solo, una buona parte dell’1 e del 2: quella che un tempo era l’alternativa progressista, prospettata da uomini come Enrico Berlinguer, è diventato un opaco specchio affollato di uomini in carriera, detestati dalle persone che vogliono il bene comune, e pure dai cinici, che a loro preferiscono altri, più esplicitamente cinici. Resistono a votarli alcuni per antica e oggi irragionevole passione, altri per pura convenienza, mentre i più cercano, sempre di più, altrove. Ma non è questo il punto che interessa ora lo psicologo, affascinato innanzitutto dal mistero berlusconiano e da qualche aspetto del personaggio Grillo.

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