Apparire immortali

Apparire immortali

Il principio di base della nostra civiltà, del nostro modo di essere in questa parte del mondo che definiamo liberale, è che la libertà di ciascuno finisce dove comincia la libertà dell’altro. La principale conseguenza di tale principio è che ognuno ha il diritto di fare tutto ciò che vuole, a patto di non danneggiare l’altro. Aggiungo, da psicologo, anche di non danneggiare se stessi, perché chi danneggia se stesso forse sta solo chiedendo aiuto, o forse è inconsapevole di ciò che sta facendo, e in entrambi i casi deve essere aiutato, pena la costruzione di una società basata sulla chiusura e sull’isolamento mortifero.

La premessa che avete appena letto serve solo a precisare che non ho nulla contro stili di vita e scelte più o meno lontane da me, o da ciò che io farei. Ad esempio, sono favorevole alla chirurgia estetica, che è solo uno degli innumerevoli vantaggi della vita moderna rispetto a quella dei nostri avi. Ma non posso tacere di fronte all’apparizione delle spoglie di Patty Pravo sul palco di Sanremo 2016. La grande artista di un tempo ha portato sul palco un volto che voleva apparire quello della bella ragazza che fu, cancellando ogni possibile traccia di quel fenomeno naturale che è l’invecchiamento che, come si sa, annuncia l’approssimarsi di un altro inevitabile evento: la fine della vita, la morte. É questo il fenomeno cui stiamo assistendo, e al quale prendiamo parte: negare l’invecchiamento e ciò cui conduce, condannandoci a essere le mummie semoventi di noi stessi, indossando maschere che poco assomigliano a ciò che siamo stati. Spesso creando il paradosso di ottenere l’effetto contrario a quello cercato: commiserazione al posto di ammirazione, come capita guardando donne belle (o bellissime) che per sembrare ancora giovani diventano ridicole, per giunta diventando simili tra loro. Perdendo quelle caratteristiche particolari, che appartenevano solo a loro e che le avevano rese a noi care…

Come detto prima, però, ognuno ha, almeno da noi, la libertà di scegliere cosa fare di se stesso, purché non nuoccia agli altri. Ma il rifiuto dell’invecchiamento comporta complesse conseguenze per l’esistenza individuale e per la vita della società. Le autoillusioni (tutte) costano fatica psichica, non ci riescono quasi mai, e quando sembrano essere riuscite è peggio: siamo diventati ridicoli e abbiamo costruito la grande delusione finale, perché la realtà – in questo caso la fine della giovinezza e della vita stessa – arriva come tutte le cose naturali: talmente indifferente da sembrare lieta. L’illusione di essere immortali cancella il tempo, e con ciò la storia di ognuno (l’essere stati bambini e il dover diventare vecchi) e la Storia di tutti (il cammino dell’uomo dalle caverne allo smartphone, per ora), e ci rende indifferenti verso le generazioni future.

Quell’illusione cancella i figli e i nipoti, e la possibilità stessa di godere la bellezza –guardandola con rispetto e dolcezza – di un neonato, o di una ragazza o del corpo perfetto di un’atleta. Voler apparire (ai propri occhi) immortali, in altri termini, rende triste la vita.

Altre importantissime riflessioni sul tema, meglio dette che qui, le trovate in un libricino piccolo piccolo, di cui ho sentito parlare e che andrò a leggere: Senza adulti, di Gustavo Zagrebelsky, appena uscito, che già nel titolo annuncia un altro effetto del voler apparire immortali. Buona lettura!

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