Cambiare il mondo con i Forconi

É l’11 dicembre, mentre scrivo, e Francesco Lenti mi ha invitato a commentare le dure proteste del “Movimento dei forconi”. Oggi, 11 dicembre, sono in corso anche altre cose: i funerali di Nelson Mandela e Papa Francesco è promosso dalla prestigiosa rivista Time “Uomo dell’anno”, mentre Massimo Gramellini interviene sullo stesso argomento su cui il direttore di Livù mi ha chiesto di dire la mia. Parto da Gramellini, che a margine dei comportamenti violenti di una parte dei protagonisti della protesta, scrive sul suo giornale: «Chissà se esiste, per l’umanità del ventunesimo secolo, la possibilità di esprimere l’esasperazione senza la prevaricazione, e la rabbia senza la violenza vigliacca che si accanisce contro i più deboli». E conclude: «Se i politici non prendono consapevolezza dell’emergenza e rinunciando ai loro riti lenti e bizantini, come sempre nella storia l’ignavia della democrazia avrà prodotto i forconi su cui si isseranno le prossime dittature».


C’è un milione di ragioni, oggi, dopo cinque anni consecutivi di crisi del sistema economico e finanziario occidentale, per essere preoccupati, scontenti, arrabbiati e, purtroppo, in non pochi casi anche disperati. Tanto più in Italia, dove a questa crisi si somma il blocco del sistema politico, e bisogni primari (innanzitutto: il lavoro e il futuro dei giovani) non trovano strategie e risorse per essere considerati nel modo giusto. Siamo stritolati tra debito pubblico (accumulato allegramente da Craxi sino a Berlusconi in anni in cui non c’era neanche crisi: ora ci costa una montagna d’interessi ogni anno), incapacità di ridurre l’evasione fiscale (150 miliardi di euro l’anno: si potrebbe finanziare qualsiasi ripresa, con molto meno!), tasse insopportabili (per chi le paga: dipendenti e pensionati, prima di ogni altra categoria). Ripeto cose che sappiamo tutti solo per sostenere che il vero problema non è se fare un cambiamento profondo, una rivoluzione, ma come farla. Ce n’è bisogno, ma non ci sarà nessuna rivoluzione con la violenza vigliacca, con l’insulto, con la prevaricazione che colpisce i deboli, questo è certo. Nelson Mandela, che ha combattuto durissimamente, e sofferto, e cambiato la storia del suo paese e del mondo, non ha colpito o insultato nessuno. Papa Francesco sta cambiando con dolce e inarrestabile fermezza una delle organizzazioni più naturalmente conservatrici mai esistite al mondo, la Chiesa Cattolica. Nessuno di noi è all’altezza di Mandela o di questo Papa, d’accordo, siamo delle formiche in confronto, ma loro ci indicano ci indicano con pochi, semplici e perciò potenti gesti l’unica strada percorribile, per chi voglia davvero cambiare le cose: assumersi le proprie responsabilità, e provare a dare un (piccolo, umano, difettoso) esempio, di come si vorrebbe che il mondo fosse.

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