Il dolore e i ciarlatani

La malattia incurabile rende il corpo incapace di essere quel che dovrebbe essere, come inutile; altre volte annuncia drammaticamente la morte inevitabile, lasciando solo un punto interrogativo sul quando accadrà. La malattia incurabile di una persona che amiamo, massimamente se di un bambino, ci mette in ginocchio, inermi, impotenti, disperati. Sentiamo l’obbligo di fare qualcosa, qualunque cosa, piuttosto che attendere inerti. É questo il doloroso momento in cui c’è il rischio grande che parta l’autoinganno della persona sofferente e l’inganno del ciarlatano travestito da salvatore. Lo stiamo vedendo anche in questi giorni, con le polemiche strazianti sul “metodo stamina”, che ci hanno mostrato ancora una volta il dolore dei parenti disperati e la sicurezza fasulla di uno psicologo, Vannoni, che promette guarigioni o imprecisati miglioramenti. La comunità scientifica internazionale – ancora una volta, come accadde con il “metodo Di Bella” per i tumori – sbalordisce e s’indigna per l’anomalia italiana, che vede di nuovo calpestate la logica, le regole elementari della ricerca e il lavoro di uomini di scienza che, nei laboratori, consumano occhi e cervello per trovare rimedi a malattie.
Le vere vittime di quest’anomalia così disperatamente italiana (come quasi solo italiani sono i rifiuti tossici interrati nel giardino di casa propria, come quasi solo italiani sono i capi politici condannati ma “legittimati dal popolo”), le vere vittime, dicevo, sono come sempre i più deboli: le persone ammalate e i loro cari, in questo caso. Sono loro, infatti, a essere esposti a trattamenti ingiustificati, inutili o dannosi (quasi sempre, guarda caso, assai costosi), e all’inganno dei ciarlatani. I quali hanno il loro bravo guadagno, che spesso non è neanche quello direttamente economico, ma quello psicologico dell’agire le proprie manie di grandezza, cioè il proprio malfunzionamento mentale.
Ma qual è il bisogno psicologico della persona disperata che si lascia guidare dal ciarlatano? É un bisogno così profondamente umano che è impossibile da criticare: il bisogno di non rassegnarsi, il bisogno di combattere l’impotenza, anche a costo di negare la durezza della malattia o l’illogicità del rimedio proposto. Non si può criticare chi nel dolore invoca una salvezza, si può solo abbracciarlo, e provare a proteggerlo dal consegnarsi al ciarlatano che lo userà. A questo servono le procedure che la comunità internazionale si è data per stabilire cosa è una medicina efficace e cosa non lo è. E tutti noi, ammalati di oggi e di domani, dobbiamo pretendere il rispetto rigoroso di quelle procedure (non il loro aggiramento, come fanno i ciarlatani, e le stesse industrie che producono farmaci!), e chiedere alle istituzioni di finanziare e sviluppare la ricerca pubblica, specie sulle malattie rare, quelle che non trovano i privati interessati a investire nella ricerca.

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